I giovani pellegrini dall’Ucraina con il sogno di «una pace semplice»

 I giovani pellegrini dall’Ucraina con il sogno di «una pace semplice»

Sono quasi 2mila i ragazzi in arrivo nella Capitale per vivere il loro Giubileo con i coetanei del mondo. Padre Domus (Chiesa greco-cattolica); «Rappresentano la voglia di vivere, di esserci e di testimoniare la vita, pur nel dramma della morte»


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C’è una tale profondità nelle parole dei giovani pellegrini ucraini in questi giorni a Roma per il Giubileo della speranza da fare di loro stessi un emblema di quel sentimento di fiducia nel futuro che caratterizza e orienta questo Anno Santo. Stanno arrivando da ieri mattina, 28 luglio, alla spicciolata e in modo autonomo l’uno dall’altro i 32 gruppi attesi, per un totale di quasi 2mila giovani, che verranno ospitati in parrocchie, istituti, centri sportivi e scuole della città. Il fulcro è però per tutti loro la basilica di Santa Sofia, chiesa nazionale degli ucraini a Roma, dove i giovani pellegrini saranno riuniti insieme mercoledì 30 e giovedì 31 luglio, per due momenti rispettivamente di preghiera e di festa. Ad accoglierli e incontrarli in queste ore anche monsignor Bryan Bayda, capo della Commissione patriarcale della Pastorale giovanile della Chiesa ucraina greco-cattolica, oltre a don Marco Yaroslav Semehen, rettore della basilica di via di Boccea.

Da qui comincia dunque il pellegrinaggio dei giovani ucraini, che culminerà nella veglia e nella celebrazione eucaristica di Tor Vergata con Papa Leone XIV, il 2 e 3 agosto. Se Iryna vede in questo incontro mondiale «un momento di rinnovamento, un’opportunità non solo di chiedere la pace, ma di diventare noi stessi portatori di pace in un mondo che sta soffrendo tanto», Alesia spiega che «è un segno spirituale potente: in un momento di guerra, quando il dolore e la morte sono così vicini, il Giubileo diventa un luogo di speranza vivente perché mi ricorda che la Chiesa è vicina, che il mondo non ha dimenticato l’Ucraina e incontrare il Papa è come incontrare un padre che benedice i suoi figli nella tempesta». E aggiunge: «Noi, i giovani dell’Ucraina, non stiamo solo chiedendo la pace, stiamo anche testimoniando che la fede è più forte delle tenebre».

Anche padre Roman Demoush, vicedirettore della Commissione patriarcale della pastorale giovanile della Chiesa greco-cattolica ucraina (Ugcc), mette in luce il fatto che «i quasi 2mila giovani ucraini provenienti da diocesi ed esarcati vicini alla linea del fronte a Roma per il Giubileo rappresentano la voglia di vivere, di esserci, di combattere e di testimoniare la vita pur nel dramma della morte, segno di esistenza e di resistenza del nostro popolo». Il sacerdote, che accompagna i giovani pellegrini in questa esperienza, sottolinea anche che «hanno una missione molto importante: soprattutto quella di stare e di essere presenti, come dice il nostro patriarca, perché noi ci siamo e dobbiamo esserci anche se ci sono quelli che vorrebbero che noi come popolo non esistessimo». Ancora, padre Roman esprime gratitudine al dicastero per l’Evangelizzazione «per il sostegno espresso nella persona di monsignor Fisichella che ha realizzato un segno di speranza molto concreto offrendo gratuitamente ai giovani dell’Ucraina il kit del pellegrino».

Ed è la gratitudine ad animare le parole di tanti di questi giovani pellegrini. Per Mariia Bohdana, 24 anni, il Giubileo e l’incontro con il Papa sono «un’opportunità incredibile perché è essere parte di qualcosa di significativo: in un momento in cui il mio Paese sta soffrendo. Questo incontro rappresenta speranza, solidarietà e preghiera ed è un promemoria che non siamo soli e che il mondo sta ascoltando». Bohdan arriva a Roma «con il cuore pieno di emozioni contrastanti: gioia, speranza e profonda aspettativa. Personalmente, sogno di diventare qualcuno che porta luce nella vita degli altri attraverso la gentilezza, la verità e la fede. Cammino come pellegrino, fidandomi che la speranza non sia solo un sentimento ma una scelta. È uno stile di vita radicato in Dio». Daryna e Mariia hanno solo rispettivamente 15 e 16 anni ma con forza sentono che «essere vicino al Papa in un momento come questo è come stare davanti a Dio a nome di tutta l’Ucraina: è la speranza che il cuore dell’umanità sia ancora vivo» come anche che «Dio ascolta ognuna delle nostre preghiere e vede la speranza nei nostri cuori». Ha 16 anni anche Marharyta, che desidera «essere qualcuno che semina il seme della speranza attraverso le parole, la preghiera e le azioni. Credo che anche piccoli passi possano cambiare il mondo».

Andrii porta con sé «il sogno di una pace reale, duratura: non solo la fine delle ostilità ma una vera pace che porti giustizia affinché tutti gli ucraini possano tornare a casa, le famiglie possano riunirsi e le città distrutte possano essere ricostruite. Spero anche in una rinascita spirituale dell’Ucraina». Anche Maria esprime un sentimento di fiducia nella rinascita sognando «la pace nel nostro Paese e che tutti i bambini dell’Ucraina possano svegliarsi senza il suono delle sirene». Le fanno eco Mariia-Yana e Darya: la prima, «infinitamente felice che siamo tutti uniti intorno a Dio», pensa che «il mondo sarà migliore se tutti saranno con Dio. Allora ci sarà pace ovunque»; la seconda auspica che «questo pellegrinaggio mi aiuterà a comprendere la mia vocazione più profondamente e, forse, fornirà risposte alle domande che ho a lungo portato nel mio cuore». Domande di senso che parlano di un sogno di pace, «una pace semplice, ordinaria, quella che forse non abbiamo mai apprezzato – sono ancora le parole della giovane pellegrina ucraina -. Sogno di tornare a casa e vedere non case distrutte ma famiglie intere. Sogno che i miei figli non conosceranno mai cosa sia una sirena o un padre perso. Come pellegrina di speranza, porto questo sogno con me a Roma affinché sia ascoltato, affinché qualcosa si risvegli nei cuori delle persone, anche quelle molto lontane: compassione, preghiera, azione. La speranza non è solo un sentimento. È una scelta. E io scelgo di portarla attraverso le lacrime, la fede e il canto», conclude.


Romasette

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