Il vescovo di Donetsk ai giovani: «Voi non siete il futuro, voi siete l’oggi»

Ryabukha al talk dell’Azione cattolica nell’ambito del Giubileo dei giovani, sul tema della pace. «Stare insieme vuol dire sognare la vita». Il giornalista Borsa: «Proviamo, tutti, a renderci disponibili a essere coinvolti»
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Una serata di incontro e riflessione, ma soprattutto di fraternità, per raccontare il sogno di una pace «disarmata, disarmante, umile e perseverante». A promuovere il talk di questa sera, 30 luglio, a Santa Maria in Vallicella, il settore Giovani dell’Azione cattolica, nell’ambito delle attività in programma per il Giubileo dei giovani, che si svolge fino a domenica 3 agosto. A fare da spunto, le prime parole pronunciate da Leone XIV ai fedeli riuniti in piazza San Pietro il giorno dell’elezione al soglio pontificio.
Giovani di ogni nazionalità sono intervenuti ad ascoltare le testimonianze dal palco degli ospiti, a colloquio con Sophie Leveque, membro della Federazione internazionale di Azione cattolica; un racconto intenso che ha avuto come tema non solo la guerra con i suoi orrori, ma anche e soprattutto la pace, tutta da costruire, dopo oltre un decennio di guerra civile in Donbass e tre anni e cinque mesi di conflitto tra Ucraina e Russia.
Rivolgendosi ai giovani, il vescovo della martoriata sede di Donetsk Maksim Ryabukha ha preso a prestito le parole di Benedetto XVI per ribadire:
«Voi non siete il futuro, voi siete l’oggi. Siete oggi quei dottori, ingegneri, politici, che si stanno formando, e a voi voglio dire che nella paura della guerra bisogna cercare i punti di forza, di speranza. Io, che sono salesiano – ha continuato -, ho sempre in mente le parole di don Giovanni Bosco: “Pane, lavoro, paradiso”. Il paradiso ci aspetta, e al paradiso ci arriviamo facendo il possibile per cercare nelle difficoltà una vita ordinaria». A Zaporizhe, dove il fronte lentamente si sta spostando, il vescovo ha avviato una scuola cattolica elementare. «Senza paura. Facciamo campi estivi, incontri con i gruppi di preghiera, tutto quello che serve, perché stare insieme vuol dire sognare la vita».
Però la guerra è anche il suo racconto, e Gianni Borsa, giornalista e corrispondente da Bruxelles, ha ricordato quanto sia importante fare non solo informazione ma stimolare i lettori all’approfondimento e alla presa di coscienza:
«La guerra è considerata uno spettacolo, una notizia da non perdere, che incuriosisce, appassiona, sollecita una riflessione. Una di queste è riconoscere la nostra fortuna, perché noi non siamo in guerra, non siamo in povertà, abbiamo le scuole e gli ospedali». Una fortuna che ci pone in condizione di creare coscienza, in noi e negli altri: «Il lettore, a cui noi professionisti ci rivolgiamo, deve avere voglia di capire – ha rimarcato Borsa -, deve fare la sua parte. Informarsi non è semplice e richiede fatica, impegno, mettersi nell’ottica di capire cosa ci sia dietro a ogni conflitto. Proviamo, tutti, a renderci disponibili a essere coinvolti, anche con un gesto di solidarietà, senza schierarci troppo in fretta da una parte o dall’altra. Possiamo essere seminatori di pace anche a casa nostra».
Tante guerre, principalmente quelle più vicine noi, in Ucraina e in Terrasanta, ma anche le altre combattute in Sudan e in Myanmar, potrebbero rendere immuni a un sentimento di solidarietà nei confronti dei popoli coinvolti. Il rischio è quello di fare della violenza bellica una notizia come tante, o di eluderla nel flusso caotico di informazioni che via Internet visualizziamo ogni giorno. Non è facile insomma, ma monsignor Ryabukha ha spiegato quanto sia stata importante la vicinanza che la sua gente ha ricevuto anche dagli italiani:
«I giovani ucraini molto spesso vivono più funerali che matrimoni. Per noi è stato importante stare insieme, e gli aiuti umanitari sono stati un segno di questa volontà di vicinanza. E la fede, ovviamente, perché se hai fede in Dio hai la speranza, e per Dio ciascuno di noi è una speranza. L’unico modo per cambiare il mondo è impregnarlo di amore, di speranze, di sogni».
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